Il cambio di millennio ha fatto sì che si
siano realizzate, in questi ultimi anni, mostre d'arte che tendevano a fare il
punto sul lascito pittorico del secolo scorso, sulle esperienze che la pittura
romagnola ha realizzato nel Novecento individuando le derivazioni, le
elaborazioni e le novità che gli artisti hanno attualmente fatto approdare al
nuovo millennio.
A Forlì e a Cesena un paio di mostre curate da
Orlando Piraccini hanno proposto uno spaccato su quella che è stata definita
"l'ultima generazione" di pittori, in gran parte fra i trenta e i quarantacinque
anni, operanti appunto nell' area romagnola.
Fra questi artisti rientra Maurizio
Delvecchio, che vive a Cesenatico ed è diplomato all'Accademia di Belle Arti di
Ravenna dal 1985, sotto la guida di Luciano Caldari; questa specificazione non è
fatta a caso: Caldari ebbe con Cesenatico un proficuo rapporto di lavoro che
cominciò con la direziono della famosa Galleria "II Bragozzo", nel palazzo del
turismo della cittadina balneare, e culminò con la realizzazione di due opere
fra le più importanti proposte a Cesenatico, per l'ospedale civile e per il
palazzo comunale.
Nulla di strano che l'impronta di Caldari
abbia trovato convinti discepoli e che Maurizio Delvecchio abbia seguito il
Maestro fino all'Accademia di Ravenna; e la lezione di Caldari avrà un
importanza decisiva per la formazione di Delvecchio e per i progressi artistici
seguiti immediatamente dopo gli anni dell'accademia.
È probabilmente vero che nessuno può sottrarsi
agli umori e alle influenze della terra in cui vive, alle sue tradizioni
artistiche, fortemente radicate, in Romagna, molto più delle sperimentazioni che
si sono svolte nei grandi centri dell'arte nei confronti dei quali questa terra
ha mantenuto a lungo una sorta di chiusura sia a livello culturale,
collezionistico e commerciale.
Le esperienze artistiche di Maurizio
Delvecchio sono una diretta emanazione appunto, di quell'ambiente e di quelle
sperimentazioni, anche se la creatività di questo artista ha saputo andare ben
oltre i confini dell'accademismo, rompendo il cerchio del realismo del suo
Maestro per produrre opere estremamente poetiche, di grande impatto emotivo, a
volte tendenti all’informale, pur essendo essenzialmente Delvecchio, artista
figurativo.
La luce e il colore, in modo particolare, si
sono rivelati gli strumenti privilegiati dell'artista: le zone cromatiche,
colori non primari stesi a macchie, spesso brune, violacee o rosate, con le
quali si determinano gli sfondi, creando quella suggestione che conferisce
profondità all' opera...
Silvia
Arfelli
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